VA IN SCENA ROMA 1a passeggiata - UNI OSTIA UNIVERSITA' DI PROMOZIONE CULTURALE E SOLIDALE

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VA IN SCENA ROMA 1a passeggiata

GLI ARCHIVI > ANNO ACCADEMICO 2023-2024
Passeggiata al Rione Ripa
12 Novembre 2023
LA GUIDA DELLA PASSEGGIATA
L'ing. Ferrari, docente del  Corso, ha predisposto una guida esplicativa della passeggiata (ivi comprese informazioni tecniche e logistiche, che affrontano passo per passo, con dovizia di particolari ed informazioni, i circa 4000 mt del percorso.
Per scaricare il testo in PDF cliccare qui
LE LETTURE
Quelle che vi proponiamo sono i brani che sono stati letti nel corso della passeggiata da alcuni "narratori", vale a dire alcuni iscritti al Corso, che hanno aderito all'invito dell'ing. Gianfranco Ferrari, a collaborare alla migliore riuscita della passeggiata medesima: un sistema didattico quanto mai fruttuoso, teso a rafforzare   la coesione tra discenti e docente, ed a favorire una crescente attenzione ai temi trattati. Le letture sono state scelte intrecciando storie diverse che raccontano di episodi leggendari, di vita quotidiana, di relazioni sociali e religiose, senza trascurare, per quanto possibile la struttura delle parti di città (gli Aventini ed il foro boario) oggetto di questa passeggiata. I nomi dei narratori sono riportati nei vari titoli dei capitoli di questa interessante passeggiata, la prima dell'anno accademico 2023-2024.
Basilica di San Saba
narratori: Rosy, Augusto


Da "Tesori nascosti dell’alma città di Roma" di Ottavio Panciroli, 1627

Quant'all'antichità di questa chiesa la potiamo raccogliere dall'essere stata una di quelle 20 Badie privilegiate nella Corte Romana presso del Sommo Pontefice...Hora veniamo al santo Abbate Saba a cui fu da Greci dedicata questa chiesa...ma per non essere sacerdote, cominciarono a disprezzare il santo Abbate, parendogli troppo semplice, ignorante; onde s'accordarono a chiederne un altro al Patriarca Gierosolimitano; ma egli conoscendo il valore, e giudicio del seruo di Dio, l'ordinò Sacerdote, e commandò a suoi Monaci, che l'ubbidissero, e soggetti li fossero...
Un racconto in due puntate.
prima puntata:      Santa Filomena

Una della basiliche più illustri di Roma raccontata attraverso un testo del 1600. La storia si intreccia con un'altra storia quella di una Santa (Filomena) divenuta importantissima e poi rapidamente dimenticata fino ad essere ripudiata dalle stesse gerarchie ecclesiastiche

Santa Filomena1 di G.G. Belli

È ariscappata fòra un’antra santa,
bbattezzata pe ssanta Filomena:
che de miracoloni è ttanta piena,
che in men d’un crèdo2 ve ne squajja3 ottanta.

Quello poi ch’è una bbuggera ch’incanta
è cche li fa ppe bburla, ch’è una sscèna!
A cchi annisconne4 er pranzo, a cchi la scéna...5
e ttant’antri6 accusí, nnòvi de pianta.

Mó la senti viení, mmó ttorna vvia:
mó tte se mette a rride7 accap’al letto:
mó tte fa cquarcun’antra mattería.

Dicheno ch’è una santa, e ll’hanno detto
puro8 li Preti; ma ppe pparte mia
io la direbbe9 un spirito folletto.
 
scritta il 21 aprile 1834








NOTE
Un fenomeno mediatico ante litteram. Le reliquie trovate casualmente in una catacomba nel 1805 ed un’interpretazione errata del ritrovamento innescarono un processo di beatificazione rapidissimo e inarrestabile che coinvolse tutta l’Italia centrale e non solo fino a che nel 1906 fu dimostrata l’inconsistenza archeologica del ritrovamento. Il culto fu abolito solamente da Paolo VI

1) questa è una recente santa di Catacombe. Tutto quello che se ne conosce è lo scheletro. La vita poi (accuratamente scritta e circostanziata) e sino il nome di lei, sono tutta scienza di rivelazione
2) In meno che non si reciti un credo
3) ve ne squaglia: ve ne sciorina
4) nasconde
5) cena
6) tanti altri
7) a ridere
8) pure
9) la direi.
Santa Balbina
Narratori: Etta, Tiziana, Consiglia

Il racconto qui si snoda in un monastero fortezza medievale ricco di elementi di mistero e di magia, anche per la vicinanza del tempio della Bona Dea che si trovava nei suoi immediati dintorni. Si parte quindi dai racconti che emergono dai "mirabilia" per arrivare al cacciatore che sparava alle serpi e a tutto quello che è collegato a questo animale in qualche modo demoniaco (senza peraltro meritare questo epiteto...)

Il santuario della Bona Dea si trovava nei pressi di Santa Balbina la cui santa titolare prese alcuni degli attributi della Dea, una divinità affascinante, tutta declinata al femminile, il cui nome non si poteva pronunciare. Al culto, legato anche ad acque lustrali, erano ammesse solo le donne e lo stesso Ercole, di ritorno dalla fatica dei buoi di Gerione, non fu ammesso al tempio per dissetarsi. Si dice che per questo, dopo aver realizzato nelle vicinanze la sua Ara Massima ne proibì l’accesso alle donne.….

...presso Santa Balbina si trovava un candelabro fatto d'una pietra chiamata asbestos: quand'era acceso ed esposto all'aria nulla poteva spegnerlo. In altri testi, il candelabro si trasformò in un fuoco inestinguibile, acceso da Virgilio mago, che di fronte ad esso pose una statua d'arciere con la freccia incoccata e una scritta ebraica: Se alcun mi tocca , io ferirò... Va da se che la statua fu toccata, scoccò la freccia ed il fuoco si spense…
Visto che l'aria di questo posto è magica, un sonetto di Belli in tema:

Le serpe di G.G Belli
 
È ppropio vero, è ppropio vero, Santa,
ch’er monno s’è svortato. E nnu lo senti
che llui tira le bbòtte a li serpenti,
e l’archibbuscio suo nun je s’incanta?
 
Cent’anni fa... ma cche ccent’anni!, ottanta...
dínne meno: quaranta, trenta, venti,
diescianni addietro, st’ommini imprudenti
staveno freschi! e mmó llui se n’avvanta.1
 
Una serpa, una lipera, un cerviotto,2
c’ammiravi o ppe tterra o ddrent’a un búscio,3
t’inciarmava4 la porvere de bbotto.5
 
E nnun c’er’antro6 pe vvieninne7 a ffine
che ccaricà lo schioppo o ll’archibbuscio
cor nome de Ggesú ssu le palline.
 
scritta  il 22 aprile 1834





NOTE
un sonetto che, oltre a raccontare di una radicata superstizione, ha legami con il mondo culturale musicale (il franco cacciatore di Weber, dato a Roma nel 1834) e mostra il processo con cui Belli costruiva i suoi sonetti arrivando dallo spunto al mondo fantastico del suo popolo.
1 Se ne vanta
2 Serpe non venefica
3 Buco
4 Inciarmare: ammaliare. Lo charmer de’ Francesi
5 Subito
6 Non c’era altro
7 Per venirne  
Santa Prisca
narratori: Carla, Rosy


Qui si ricorda l'antica fonte di Fauno ed il racconto ci porto da Numa Pompilio a San Pietro con un percorso incredibile...
 
L'antica fonte di Fauno vide lo svolgersi della leggenda di Pico, di Fauno (figlio di Pico entrare nel dettaglio, Pico, trasformato in Picchio da Circe, ebbe il figlio Fauno dalla ninfa Pomo) e Numa Pompilio (il secondo re di Roma a cui si attribuisce tra l'altro la organizzazione di molti dei riti religiosi Romani). Fauno, identificato con Pan, è una divinità delle selve con caratteri ambivalenti. Nella leggenda riportata da G.B. Molo, Numa Pompilio è visto quasi come un uomo di "scienza" desideroso di conoscere l'origine dei fenomeni naturali
 
(Da Roma Sacra antica e moderna G.B. Molo, 1687:) ...Qui si vede una fontana detta di Fauno, che lo facevano figlio di Pico Re della Toscana. Pensero i Gentili che Fauni e Satiri fussero Dei delle selve e boschi, e che Però questo Monte Aventino, per esser pieno di alberi, fosse albergo di essi e che a questo fonte venivano a bere, e che il Re Numa Pompilio , desideroso di sapere, come nell'aere si facessero i lampi,e tuoni della cui scienza tenevano, che instrutti i Fauni, e Satiri fussero, li fece prigioni a questa acqua, havendoli imbriàcati di vino generoso, ch’in loro assenza ivi fu posto in molti vasi. Venuto poi la prima volta a Roma S. Pietro Apostolo fece questo luogo, ch’è presso le Terme di Decio Imperatore altri dicono queste esser le Terme di Varo; e di profano, lo fece sacro, co’l Batesimo, che diede a molti con l'acque di questo fonte, e in questa Chiesa [Santa Prisca] si conserva ancora il vaso che per questo effetto adoprava. Qualche luogo ritirato qui tra gli alberi doveva essere questo, e da gente plebea habitato...

Casale Torlonia - terme di Decio.
Narratore: Augusto

Sul sito delle terme Deciane uno dei pochi sonetti di Belli che parla della struttura della città con un racconto sullo stretto sentiero che divide la verità dalla fantasia popolare (il ponte dal Colosseo al Campidoglio e i più precisi riferimenti all'arco di Giano e a quello degli Argentari).


Campo vaccino di G.G. Belli

Le tre ccolonne llí viscino ar monte,
dove te vojjo fà passà tte vojjo,
furno trescento pe ffà arregge1a un ponte
dar culiseo ’nsinenta a Ccampidojjo.

A mmanimanca adesso arza la fronte:
lassú Ttracquinio se perdette er zojjo,
e ppoi Lugrezzia sua p’er gran cordojjo
ce fesce annà la bbarca de Garonte.

Vortanno er culo a cquele tre ccolonne,
mó annamo all’arco de la vacca e ’r toro;1
ma ssi ne vedi dua nun te confonne.

In quello ciuco2 se trovò er tesoro:3
l’antro è l’arco de Ggiano quattrofronne,4
che un russio5 vô crompallo a ppeso d’oro.

scritta il 25 agosto 1830





NOTE
De Peppe er tosto
 
1aReggere
1Il piccolo arco detto degli Argentieri, innalzato dal ceto de’ banchieri detti argentarii e dai commercianti di buoi alla famiglia di Settimio Severo
2Piccolo
3È credenza popolare che in un fianco di detto arco fosser trovate molte ricchezze, presso un’antica voce tradizionale che diceva: tra la vacca e il toro troverai un gran tesoro. Questi animali debbono alludere a quelli scolpiti nell’arco per ragione de’ sacrificii rappresentativi e della situazione dell’arco stesso nel Foro Boario. Può accrescer fede al racconto un buco, il quale vedesi aperto dal lato sinistro e manifesta un vuoto
4L’arco di Giano quadrifronte
5Russo.
Sant'Alessio.
Narratori: Carla, Consiglia, Tiziana

Un passaggio che il pretesto per introdurre il tema delle superstizioni Romane, partendo da uno dei Santi titolari della chiesa, Sant'Alessio. Infine, la conclusione del racconto di Filomena, la Santa che fu Santa e poi non lo fu più...

(da Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma, Luigi Zanazzo, 1908):   
La Novena a sant’Alesio:
Sempre pe’ vvince a llotto, se pô ffà ppuro la novena a Sant’Alesio, pe’ ttre ggiorni, oppuramente pe’ nnove, siconno come uno vô. L’urtimo ggiorno de la novena, la notte, quello che la fa, se la deve passà’ ppe’ le scale de casa; poi quanno sôna mezzanotte, se deve affaccià’ ar portone, e su quello che vvede o cche ssente ce deve pijà’ li nummeri.
Il lotto era una cosa seria e non mancavano i suggerimenti per ottenere gli agognati numeri. Sempre Zanazzo ci dice che:
Gioco de’ llotto: pe’ vvince sicuramente.
Anticamente, p’indovinà’ un bon terno a’ llotto, se saliva in ginocchione (sempre de notte veh!) la scalinata de la cchiesa de la Ricéli, recitanno Deprofùnnise, Avemmarie, e co’ l’ariccommannasse a li tre Remmaggi Gaspero, Bardassare e Mmarchionne. E dde tutto quello che sse vedeva e sse sentiva (come se faceva puro a San Giuvanni Decollato) ce se pijaveno li nummeri e sse vinceva.
Un racconto in due puntate.
seconda puntata:     La prudenza der prete

Infine, un sonetto di Belli che affronta il delicato tema delle reliquie raccontando di un fenomeno mediatico ante litteram....

La prudenza der prete G.G. Belli

Ssceso er Bambin de la Resceli,1 e appena
fattoje2 er lavativo d’ojjo3 e mmèle,
cominciò a ppeggiorà, ppovera Nena,4
e a vvení ggialla com’è ggiallo er fele.5

Che ffo allora! esco e ccrompo du’ cannele:6
e ssudanno a ffuntane7 da la pena,
curro8 in chiesa a pportalle a Ddon Micchele
per accènnele9 a Ssanta Filomena.10

Lui se l’acchiappa,11 e ddoppo, «Fijjol mio»,
me disce, «vostra mojje a cche sse12 trova?».
Dico: «Llí llí ppe ddà ll’anima a Ddio».

E llui: «De cazzi ch’io la fò sta prova!
Rïeccheve13 li moccoli, perch’io
nun vojjo scredità una Santa nova».

scritta il 14 maggio  1834








NOTE
Questo sonetto è legato alla storia di Santa Filomena. L’epilogo al prossimo sonetto….  
1    Disceso il Bambino dell’Aracoeli. Vedi la nota... del Sonetto…
2    Fattogli, per «fattole»
3    D’olio
4    Maddalena
5    Il fiele
6    Compero due candele
7    Sudando a fontane
8    Corro
9    Per accenderle
10  Vedi il Sonetto...
11  Egli se le ghermisce
12  Si
13  Rieccovi: eccovi indietro, ecc.


Santa Sabina
narratori: Consiglia, Gianfranco

La storia qui raccontata è quella delle origini della chiesa e di come San Domenico venisse minacciato, senza successo, dal diavolo. L'aspetto più curioso della storia raccontata è che la pietra che sarebbe stata rotta dal diavolo in realtà fu rotta da Domenico Fontana nel corso di lavori di traslazione di alcune reliquie

Da Tesori nascosti dell’alma città di Roma di Ottavio Panciroli, 1627
...Presso del tempio che quì fecero i Romani alla Dea Efeſina, hebbe S.Sabina il suo Palazzo…Presso di questa chiesa habitarono due Sommi Pontefici di casa Savelli, Honorio III, e IV. e il Terzo fu quello,che non solo confirmò l'ordine di S. Domenico il 1216 e gli diede parte del suo palazzo ad habitare, ma gli concesse questa chiesa, e inſino al giorno d'hoggi qui si vedono due memorie di S. Domenico si una nel monasterio, dove havendo piantato di sua mano un Melarancio, si pigliano per devotione anche le foglie; l'altra è nella chiesa, dove le notti intiere soleva star in oratione e una volta il demonio li tirò una di quelle gran pietre ch'attaccate a piedi de Santi e in alto sospesi per le mani fieramente si battevano: questa stà dov'egli soleva inginocchiarsi e se bene offesa veruna il Santo non hebbe, spezzò nondimeno una lapide nel pavimento, che ristorato poi fu da Sisto V...


Rocca Savella
narratori: Gianfranco, Mauro

Rocca Savella è ciò che resta dell'insieme di palazzi fortificati che furono abitati dagli imperatori Germanici quando risiedevano a Roma e da almeno due pontefici (Onorio III e Onorio IV, il secondo sicuramente della famiglia Savelli). L'episodio che qui si racconta è quello della (quasi mancata) incoronazione di Arrigo VII che culminò con un pranzo nei palazzi dell'Aventino...
In quegli anni, siamo intorno al 1312, la situazione di Roma era tragica. Il Papa, Clemente V, era lontano e la città era preda dello strapotere dei Baroni che l'avevano trasformata in un campo di battaglia, sia per interessi interni che per i riflessi della lotta senza quartiere tra Guelfi e Ghibellini che aveva finito per coinvolgere le città Italiane e non solo. Il Papa, non senza qualche ambiguità, incoraggiò la discesa in Italia di Arrigo VII, eletto Re ma non ancora Imperatore. L'incoronazione sarebbe dovuta avvenire a Roma...
Il  testo che segue è ripreso da: Storia della Città di Roma nel Medioevo, F. Gregorovius, 1852-1871:
...Il 16 febbraio del 1312 Enrico s’imbarcò a Genova con poche truppe, accompagnato dai cardinali delegati per l’incoronazione...Ambasciatori giunsero da Roma dicendo che i seguaci dell’imperatore erano in difficoltà, che l’unico accesso libero, Ponte Molle, era in pericolo, e che nuove truppe della lega guelfa si stavano avvicinando.... Enrico cercò senza successo di negoziare un ingresso pacifico in città. Arrivato a Roma, Enrico, conscio della sua debolezza, cercò senza successo una soluzione diplomatica per ottenere l'accesso a San Pietro per l'incoronazione.
D'altro canto, ...attraversando il centro di Roma,...vide dappertutto barricate irte di armi, torri fortificate, case distrutte dalla guerra civile, gente armata dall’aspetto fiero... Avrebbe dovuto farsi strada di rovina in rovina, di barricata in barricata, di torre in torre sino a San Pietro, se voleva porsi in capo la corona...Enrico fece comunque un tentativo militare che fallì A questo punto fu inevitabile accettare che l'incoronazione si svolgesse in Laterano. Anche qui ci furono degli ostacoli che furono superati solo quando Enrico accettò di affidarsi alla volontà del Popolo e del Senato di Roma. finalmente la cerimonia poté aver luogo. ...Su un candido destriero, in candide vesti, i lunghi capelli biondi sparsi sulle spalle, Enrico VII scese, il mattino del 29 giugno, dall’Aventino verso il Circo Massimo. Qui, secondo la tradizione, vicino ad un ponte, probabilmente sul ruscello della Marrana, giurò di difendere la repubblica romana e di osservarne le leggi. Processioni di religiosi lo accolsero lungo la via. Gli Ebrei gli resero omaggio attraverso i deputati della loro sinagoga, che gli offrirono il Pentateuco. Secondo l’antico costume, due tesorieri gettarono al popolo alcune monete d’oro e d’argento, simbolo dell’indigenza piuttosto che della ricchezza del debole imperatore. In Laterano i cardinali compirono la cerimonia dell’incoronazione protestando di non aver avuto l’autorizzazione papale a quel gesto contrario al rito, e di esservi costretti dal popolo...Dopo una cerimonia in tono minore, l'Imperatore tornò sull'Aventino ... Quando, compiuta l’incoronazione, egli si assise a banchetto sull’Aventino, alcuni proiettili scagliati per scherno dai nemici caddero persino sulla sommità del colle, turbando la moderata gioia del festino.
Le parti di testo in corsivo sono tratte da La cronaca del Trecento italiano. Giorno per giorno l'Italia di Giotto e Dante. Vol. 1, Carlo Ciucciovino, Universitalia, 2007:
...Il banchetto dell'incoronazione si tiene nel convento di Santa Sabina sull'Aventino, nel territorio sotto il controllo dei Savelli. Ma la precarietà della situazione del novello imperatore è testimoniata dalle pietre e dai quadrelli che frombolieri e balestrieri, appostati nei dintorni, fanno piovere sui convitati, tanto che questi sono costretti a ripararsi contro il muro. Ancora una volta Arrigo si fa ammirare per il coraggio e la calma sovrana che lo animano...
Bocca della Verità
Narratori: : Gianfranco, Carla, Etta, Tiziana, Consiglia, Rosi, Mauro,

Il racconto del foro boario fatto attraverso un sonetto che racconta il luogo con una precisione impressionante e poi la celebrazione del mito di Ercole attraverso la lettura di alcuni passi del VI libro dell'Eneide in cui Evandro racconta a Enea delle storia di Ercole, dei buoi di Gerone e della fine del mostor Caco.Il santuario della Bona Dea si trovava nei pressi di Santa Balbina la cui santa titolare prese alcuni degli attributi della Dea, una divinità affascinante, tutta declinata al femminile, il cui nome non si poteva pronunciare. Al culto, legato anche ad acque lustrali, erano ammesse solo le donne e lo stesso Ercole, di ritorno dalla fatica dei buoi di Gerione, non fu ammesso al tempio per dissetarsi. Si dice che per questo, dopo aver realizzato nelle vicinanze la sua Ara Massima ne proibì l’accesso alle donne...
La Bocca della Verità di G.G Belli
 
In d'una cchiesa sopra a 'na piazzetta,
un po' ppiú ssú dde Piazza Montanara,
pe la strada che pporta a la Salara,
c'è in nell'entrà una cosa bbenedetta.

Pe tutta Roma cuant'è llarga e stretta,
nun poterai trovà ccosa ppiú rrara.
È’ una faccia de pietra, che tt'impara
Chi ha detta la bbuscía, chi nnu l’ha ddetta.

S'io mo a sta faccia, c'ha la bbocca uperta,
je sce metto una mano, e nu la strigne,
la verità dda mé ttiella pe ccerta.

Ma ssi fficca la mano uno in buscía,
èssi sicuro che a ttirà nné a spigne
cuella mano che llí nnun viè ppiú vvia.

scritta  il 2 dicembre 1832
dal Libro sesto dell'Eneide
Il racconto di Evandro
Or vedi prima questa rupe in alto
sospesa, e come, dissipati i massi,
vuota del monte sia la casa e vasto
scoscendimento intorno. Una spelonca
qui fu che immensa s'internava addentro,
e il crudo ceffo la tenea di Caco
mezzo bestia, del sol negata ai raggi:...
...Padre del mostro era Vulcano; e i foschi
fuochi di lui di bocca vomitando
enorme esso incedeva. ...
giungeva Alcide e trionfante i grandi
tori davanti a sé per qua spingeva;...
Ma in sua follía la mente empia di Caco,
quattro da le stalle
splendidi tori trasse ed altrettante
segnalate giovenche; e perché niuna
diretta orma apparisse, per la coda
strascinandoli a l'antro, ed in contrario
volta la spia de la rapina, dentro
la rupe cieca li ascondea:
Ecco in Alcide pien d'ira e di bile
si fu desto il dolor: rapidamente
porse la mano a la nodosa clava
e prese a corsa su pe 'l monte. Allora
videro i nostri per la prima volta
Caco allibir tutto smarrito: fugge
subito via piú rapido del vento
verso l'antro; ali a' piè diè la paura.
Chiuso che fu, fatto piombar, schiantando
la catena, il gran sasso che pendea
per ferro opra paterna, ...
ecco il Tirintio sopraggiunger ...
In suo furor tre volte
tutto il monte Aventin gira, tre volte
crolla i massi a le soglie indarno, e lasso
tre volte ne la valle ebbe a fermarsi.
Sul dorso a la spelonca, in mezzo agli altri
mozzi pietroni, altissima spiccava
 
a lo sguardo una punta,
ei verso destra
sforzò, la svelse fin da le radici,
poi d'un tratto la spinse, e tal fu spinta,
che ne rimbomba l'alto ciel, le rive
sobbalzano e atterrito arretra il fiume.
La spelonca, la gran reggia di Caco
scoperchiata apparí con le profonde
tenebrose caverne; e fu sí come
se a forza spalancandosi la terra
mostrasse i luoghi inferni e i regni bui,...
Dunque sorpreso lui da l'inatteso
lume nel covo e piú che mai ruggente
di su l'investe con gli strali Alcide,
e gli vien buona ogni arma, e di tronconi
e di macigni smisurati il copre.
Colui (ché piú non è fuga nessuna)
di bocca spira un incredibil fumo
Rotte le porte or la rea casa s'apre,
e i buoi nascosti e i furti spergiurati
mostransi al cielo, e per i piè si trae
fuor l'orrendo cadavere
Da quel tempo la festa è celebrata,
e osservarono il dí lieti i figliuoli,
Potizio il primo de l'erculea sagra
ordinator e la Pinaria casa
che n'è custode. Quest'Ara nel bosco
egli innalzò, che noi Massima sempre
diremo e che sarà Massima sempre.
Or, per sí glorïoso beneficio,
v'inghirlandate, o giovani; le tazze
levate ne la destra, e il dio comune
invocate libando il vin devoti».
Codice Fiscale: 97877730586 - IBAN: IT80F0832703249000000004598 - BCC Roma Ag.134 Lido di Ostia
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