NOTE INTRODUTTIVE - UNI OSTIA UNIVERSITA' DI PROMOZIONE CULTURALE E SOLIDALE

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NOTE INTRODUTTIVE

ARCHIVIO > MISCELLANEA > A.A. 2020-2021 > STORIA DELLA TELEVISIONE > IL TEATRO IN TV
«La RAI Radiotelevisione Italiana inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive».
È lo storico incipit di Fulvia Colombo, prima “signorina buonasera” della storia della TV nel nostro Paese, che dagli studi di Milano annuncia l’inizio ufficiale del regolare servizio di trasmissioni video in Italia. Quando Fulvia Colombo elenca i programmi della giornata (un palinsesto semplice, davvero “da prima volta”) e dopo aver detto che alle 20,45 è previsto il telegiornale, continua informando: “Concluderà la serata L’osteria della posta, di Carlo Goldoni, con interpreti principali Isa Barzizza e Leonardo Cortese”. La programmazione inaugurale si chiude all’insegna del teatro, e questo è un messaggio ben preciso e chiaro che la neonata RAI vuole lanciare agli italiani.
LA MISSION PEDAGOGICA DELLA RAI:  FAR CONOSCERE IL TEATRO AGLI ITALIANI
Proponendo come programma principale della sua giornata inaugurale una commedia di Goldoni, la Rai vuole rimarcare la mission pedagogica e culturale del suo stesso  “esistere”, cioè attingere in modo rigoroso ai modelli d’arte che hanno dato lustro al nostro Paese, esprimendo il tal senso “…il compiuto progredire della cultura”, come aulicamente specifica il RadioCorriere (*) presentando i programmi della prima settimana di vita della Televisione Italiana.
Infatti chi meglio del Teatro può dare concretezza a questa scelta? Per almeno tutto un decennio la televisione considererà il teatro un modello a cui ispirarsi, sia dal punto di vista “narrativo-didascalico”, sia dal punto di vista “produttivo”.
Non a caso direttore della programmazione è Sergio Pugliese, che da drammaturgo quale egli era stato in precedenza, non solo concepisce la televisione come una sorta di “teatro casalingo”  (o come soleva affermare “la radio in movimento”) ma si affida interamente al mondo del palcoscenico per “dare corpo alla Televisione”.
Arruolerà infatti attori, registi, scenografi e sceneggiatori, la cui utilizzazione successiva contribuì a dare lustro e concretezza alle trasmissioni dell’era arcaica della RAI (che Umberto Eco chiamerà “era della paleo-televisione”).
Il palinsesto è puntellato così da appuntamenti con il teatro che aumentano di anno in anno, andando ad occupare zone privilegiate ed importanti della programmazione: il venerdì sera, poi la replica domenicale, e quindi la prima serata del martedì.
In questo impegno si tralascia qualsiasi tentativo di ricerca formale ed espressiva, in qualche modo “originale” della Televisione: l’unico fondamentale intento è quello di far conoscere al grande pubblico un settore dello spettacolo finora accessibile ad una utenza selezionata e limitata. Da quel momento e fino almeno a quasi tutti gli anni ’60, approdano in televisione le opere di Euripide, Sofocle e Plauto, del Rinascimento italiano, del Secolo d’oro spagnolo, del 600 francese, le tragedie di Shakespeare, i drammi del secondo 800, le commedie del teatro italiano del primo Novecento. In altre parole si materializza l’impegno della RAI a dar vita ad una educazione umanistica e letteraria ed una attitudine pedagogica importante per far accrescere, e di molto, il livello culturale degli italiani. Dicono i dirigenti dell’epoca: “molti spettatori non hanno mai visto un Teatro, pochi conoscono le grandi opere che il palcoscenico sa proporre: ebbene noi portiamo in casa loro il palcoscenico”. Grazie alla televisione il teatro dunque si propone come arte alla portata di tutti.
(*) Il RadioCorriere era una pubblicazione periodica edita dalla ERI, società consociata RAI.
I PRIMI PASSI DEL TEATRO IN TELEVISIONE
L'evoluzione dei metodi di ripresa

Fin dagli anni 50 nella produzione televisiva della Rai si affermano due tipi di spettacolo di prosa: la ripresa diretta da un teatro e la traduzione, ossia la messa in scena televisiva originale di un testo, attraverso logiche comunicative strettamente televisive. La diretta ha il vantaggio di riprodurre sul piccolo schermo i tempi del teatro, e di mantenere la “fisicità” e la sacralità del palcoscenico. Ma è pur vero che la televisione, sì può riproporre lo spazio scenico nella sua totalità, ma può anche moltiplicare i punti di vista. Nel primo caso l’obiettivo della telecamera si incarica di sostituire l’occhio di un ipotetico spettatore che si trovi in una posizione ravvicinata: è un tentativo di rispettare la scena teatrale che si mostra dal palcoscenico nella sua interezza. La seconda via esalta invece le potenzialità tecniche ed espressive del linguaggio televisivo. Il palcoscenico si frammenta in diversi piani: si modifica continuamente il punto di vista e si introducono i movimenti di avvicinamento / allontanamento, estranee alla normale “visuale teatrale”.

Per molti anni prevalgono, anche in conseguenza dei limiti tecnici, soluzioni che rientrano nel primo dei due metodi descritti. La ripresa diretta esterna ha lasciato segni poco profondi sul piano della comunicazione televisiva rispetto alle altre esperienze; la sua presunta neutralità nasce più da un fatto episodico, occasionale, dettato da esigenze di documentazione, che da un progetto linguistico. Le trasmissioni dai teatri negli anni 50 e 60 prendono in considerazione sia i prestigiosi cartelloni delle piazze più importanti con gli eventi teatrali allestiti di proposito (come il ciclo di Eduardo de Filippo) sia le rappresentazioni del teatro amatoriale.



IL TEATRO IN TV VA IN ONDA DAGLI STUDI DI TORINO E DI MILANO
Nei primi anni della televisione italiana la traduzione è, in ogni caso, la scelta più diffusa. La Rai produce teatro nei suoi studi di Torino e di Milano. Dapprima settimanalmente per la serata del venerdì, con replica domenicale pomeridiana; in seguito con due testi offerti ogni settimana aperta parentesi un numero assai maggiore delle riprese esterne. L’emittente pubblica, tuttavia, non ha bisogno di andare in “tournée” per l’Italia, cercare il teatro, visto che, come aveva sperimentato con l’Osteria della Posta, il  teatro poteva essere allestito nei suoi studi.
Ad accomunare il primo e il secondo modello di realizzazione del “tele teatro” è la diretta, che vi incorrerà le tecniche di ripresa fino agli anni 60. Dal punto di vista tecnico, il fatto più curioso è rappresentato dalla “replica” domenicale. Non ancora abilitata alla registrazione video magnetica, la Rai era costretta a mandare “in diretta” anche la replica, e a volte con esiti dissimili dal venerdì. In questi anni maturarono un’intensa esperienza registi come il già citato Franco Enriquez, Marco Ferrero, Guglielmo Morandi, Claudio Fino, Silverio Blasi, Anton Giulio Majano, i quali passarono poi dal tele teatro al teleromanzo, attestando le profonde affinità tra i due generi. Il teleromanzo risentì, infatti, di una marcata matrice teatrale, configurandosi come una sorta di teatro filmato, come vedremo più avanti, a metà fra il culturale e il ricreativo.

LIMITI DEL TEATRO IN TELEVISIONE DEI PRIMI ANNI '50
In generale nel teatro che la televisione manda in onda nei primi anni 50 mancano:
  1. la sceneggiatura, essendo i testi scelti spesso assolutamente inadatti ad una versione televisiva,
  2. la scenografia, costituita il più delle volte di catene di stanze disposte in fila frontalmente rispetto al sette di telecamere,
  3. molti elementi di "retorica visiva": parliamo del fuoricampo, del controcampo, delle corrispondenti, del codice degli sguardi, della scala dei piani, dello sguardo in macchina, del dettaglio e, per finire, del primo piano.



LA TELEVISIVITA' DEI TESTI
Una svolta nel tele teatro sia proprio negli anni 60: si sviluppa in questo periodo la cosiddetta “televisività” dei testi.
Messo da parte, con l’avvento della registrazione, anche rispetto per il tempo reale del teatro, la rappresentazione dello spazio, le inquadrature, il rapporto tra campo e controcampo, il ritmo tendono ad assumere una logica più marcatamente televisiva.
Un esempio specifico di questa evoluzione è inaugurato, ancora una volta, da un testo goldoniano, La Gastalda, commedia realizzata negli studi di Milano nel 1965, regia di Carlo Ludovici, di chiara origine treatrale, così come il protagonista, Cesco Baseggio. Accanto a questi però vi sono attori la cui provenienza dal palcoscenico è ormai un ricordo sfumato: parliamo di Lauretta Masiero e di Nino Besozzi. Nello studio televisivo viene strutturato come uno spazio teatrale, con tanto di  palcoscenico e sipario. Ma in questa rappresentazione la televisione insinua per la prima volta "il suo dominio espressivo", la sua "specificità linguistica" e lo fa attraverso l’alternanza dei piani, coi movimenti della telecamera, come lo zoom, che si sofferma sui particolari, sui volti degli attori, e dove viene richiesto agli attori lo sguardo verso la telecamera.
L'effetto dei primi piani crea un meccanismo di "presenza-assenza" dei personaggi: presenza di scena, assenza dalla inquadratura. Una scelta che non cambia assolutamente la "forza" del testo, ma semmai l'esalta e che, in questo caso, evidenzia la televisività (ovviamente casuale per l'autore) della realizzazione del testo di Goldoni.

INTEGRAZIONE TRA TESTO E INQUADRATURA
Insomma la ricerca di una integrazione tra scena teatrale inquadratura televisiva è il nodo cruciale degli anni '60.  L’inquadratura è decisa in base alle caratteristiche del testo teatrale, in base alla parola piuttosto che a un ipotetico allestimento teatrale. L’immagine televisiva sembra essere soggiogata alla parola, al dialogo. Una specie di illustrazione movimento, e nulla più.
Nonostante questa sudditanza al parlato, la regia di questi primi anni 60, cerca di trovare soluzioni per una interpretazione televisiva del testo. Ancora ne La Gastalda, ad esempio, all’inizio del secondo atto, durante il dialogo tra Pantalone e Beatrice, la regia spezza la totalità della scena teatrale con un primo piano di Corallina (Lauretta Masiero) affacciata alla finestra. È proprio la Masiero che rompe più volte la continuità spaziale della scena con sguardi in macchina: si rivolge direttamente al telespettatore per manifestare il proprio stato d’animo.
Sono i primi passi verso una elaborazione televisiva di un testo teatrale; elaborazione che dalla metà del decennio riceve una spinta propulsiva più che rimarchevole.
CONTRIBUTI VIDEO
Nella pagina seguente, di volta in volta, riproporremo registrazioni relative a commedie o ad altri testi teatrali andati in onda nei primi anni ufficiali di vita della Televisione italiana. In tal modo ci auguriamo di poter offrire la possibilità di cogliere in modo più diretto le informazioni e le indicazioni, anche tecniche, sull'esperienza teatrale che si è sviluppata in televisione.  In questa azione siamo coadiuvati dal  prof. Sergio Ronci, docente di Teatro in Uni Ostia, che cortesemente ha voluto "darci una preziosa mano" in questa nostra iniziativa culturale via Web, con l'auspicio che presto possa aprirsi anche per questa materia uno spazio online di approfondimento.
I primi contributi video (attenzione: ricordiamo che è assolutamente vietato scaricare le immagini, che noi pubblichiamo in modo temporaneo ed ad esclusivo utilizzo didattico) riguardano "IL TEATRO DI EDOARDO". Cliccare qui e ... buon divertimento!
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